Rassegna stampa cinese del 25 agosto 2015

In questi giorni ho poco tempo per fare una rassegna completa, però ci tengo a segnalare tre pezzi che aiutano a fare ordine tra le notizie finanziarie degli ultimi giorni.

Un po’ di contesto e storia. Ecco scricchiolii e misteri del mercato finanziario cinese: http://bit.ly/1KIf6yq

Spiegone. Il crollo delle borse spiegato: http://bit.ly/1NQWYW9

L’analisi di Noci sul Sole 24 Ore:

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CINA CORRE A RIPARI E BORSA RIPARTE. IN UE FIDUCIA PER GRECIA

Rassegna stampa cinese 30 giugno 2015

ESTERI
Il premier Li Keqiang ieri a Bruxelles: «Tenete la Grecia nell’euro». E spinge per il trattato di investimento Cina – Europa: http://on.ft.com/1FMPkpH

Editoriale del Global Times: Attraverso la Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB), la Cina può imparare ad essere la guida http://bit.ly/1T0bFt3

SOCIETÀ
Secondo una nuova ricerca, i cinesi negli ultimi 10 anni sono diventati più alti e più forti: http://on.china.cn/1LzhImt

L’aumento del numero dei divorzi in Cina visto come segno di progresso sociale per le donne: http://bit.ly/1NrISL4

GALLERY
Foto storiche del Tibet: http://bit.ly/1du9MVs

Tibet 2

Lettera dal fondo del Mediterraneo

La manifestazione di ieri a Milano “Siamo tutti su quella barca” promossa dal “Comitato spontaneo 30” ha avuto grande successo. E questa è una buona notizia.

La cattiva notizia è che c’erano pochi, pochissimi, italiani. Evidentemente noi pensiamo che la strage del Mediterraneo non sia affare che ci riguardi.

Il momento più emozionante è stato quando Agazit ha letto questi versi del poeta etiope Hamid Barole Abdu.

La lettera di un figlio alla madre dal fondo del Mediterraneo.

 

Cara mamma, ti scrivo da un acquario

uno spazio infinito e senza mormorio

dove tutti dormono sonni profondi

come le mummie dei faraoni.

 

Qui il tempo non è scandito da notte e dì

c’è tanta pace, è una vita da angeli

un vero Paradiso nel fondale marino,

si vive senza acqua e senza cibo

non si lavora e non si fa nessun attività

ci si rilassa in eternità.

 

Cara mamma, ti chiedo scusa

quando me ne andai non dissi nulla

la partenza fu per me uno scherzo

avrei voluto salutarti e darti tanti baci,

farmi stringere dai tuoi abbracci

come hai sempre fatto prima che io uscissi

per andare a scuola o per giocare.

So che mi perdonerai

nelle preghiere mi ricorderai.

 

Cara mamma, ho tanta voglia di scriverti,

le mie avventure sono tante:

era la prima volta che salpavo sul barcone

con altri coetanei del quartiere.

Il mare era sereno con un bel sole

l’alba silenziosa senza parole

gabbiani sopra le nostre teste volavano

a modo loro ci auguravano un buon viaggio.

 

Dopo alcuni giorni senza acqua né cibo

con occhi sbarrati notte e giorno,

il barcone in mezzo al mare

il motore smise di funzionare.

 

Le nostre risate furono interrotte dal panico

onde alte iniziarono a farci sollevare,

e tutti coperti dal barcone rovesciato

nessuno di noi sapeva nuotare

e così fummo risucchiati in fondo al mare.

 

Cara mamma, ti ricordi quando ero bambino,

una gran paura avevo dell’acqua

persino nella bacinella non volevo lavarmi

mi versavi l’acqua con i piedi inchiodati per terra.

 

Cara mamma, ti scrivo da qui:

dal fondale abitato da gente di tutto il mondo

piccoli, adulti e famiglie intere

una grande comunità

scheletri nel limbo in fondo al mare.

 

Cara mamma, prega per noi:

“L’eterno riposo dona a noi o Signore,

splenda a noi la Luce perpetua

riposiamo in pace. Amen”

 

Il volo interrotto di Sang Lan

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Sang Lan ha spiccato il suo volo di libellula nella lontana estate del 1998. Ha volteggiato per tredici anni dentro un incubo ed è atterrata il 13 luglio del 2011.

C’erano una volta i Goodwill Games, i “giochi delle buone intenzioni”, un’invenzione del magnate Ted Turner per fare un po’ di quattrini e allentare le tensioni tra le superpotenze in coda alla guerra fredda. Sang Lan ci è approdata a 17 anni, in forza alla squadra cinese di ginnastica, con alle spalle un invidiabile palmares e tutta una vita di medaglie davanti. Poi, quel salto. Disgraziato. Nemmeno in gara, lontano dagli occhi del pubblico e soprattutto da quelli delle telecamere. Un esercizio di riscaldamento come una ginnasta ne fa a migliaia. La fatale distrazione, l’atterraggio scomposto, il colpo alla testa, il corpo che rimane immobile. La diagnosi dopo i primi soccorsi è subito spietata: frattura di due vertebre e gravi danni al midollo spinale. Sang Lan non potrà più muovere gli arti inferiori. La storia dei 13 anni trascorsi dal giorno dell’infortunio è arrivata davanti all’opinione pubblica cinese all’interno di una vicenda legale che si sembra essersi conclusa nei giorni scorsi ed ha visto opporsi l’ex ginnasta ormai trentenne con il suo agguerrito avvocato Hai Ming e gli organizzatori di quella manifestazione sportiva (che ormai non esiste più), i vertici della ginnastica Usa e i due tutori sinoamericani che si occuparono dell’allora ragazzina cinese durante la degenza newyorkese. Sang Lan nei mesi scorsi aveva chiesto tramite il suo legale un risarcimento da 1,8 miliardi di dollari, per non aver potuto usufruire della copertura assicurativa sulle spese mediche dopo il suo rientro in Cina, per le vessazioni subite dalla coppia di tutori e per le molestie sessuali esercitate da un loro figlio sul suo corpo inerme. Gli organizzatori dei Goodwill Games sono stati chiamati in causa, invece, per le responsabilità dirette nell’incidente. Secondo la versione di Sang, infatti, durante lo sciagurato esercizio all’interno dell’impianto sportivo un tecnico avrebbe rimosso un materasso causandole una fatale distrazione. I due tutori sinoamericani avrebbero inoltre intimato alla ragazza di non rivelare questo dettaglio nel corso delle prime fasi della sua riabilitazione, mentre erano in corso le indagini di rito sull’accaduto.

La strategia di Sang e del suo legale non è stata immune da critiche, relative soprattutto alla tempistica delle accuse. Perché aspettare più di dieci anni prima di intentare una causa contro i responsabili di fatti così gravi (e in realtà in parte già caduti in prescrizione)?

La giovane donna ha subito, soprattutto in rete, l’accusa di voler speculare cinicamente sulla propria vicenda. Molti cinesi non si sono fatti commuovere dalla tragica vicenda di Sang, e l’hanno descritta come una vittima, sì, ma di un avvocato arrivista e privo di scrupoli.

Nei giorni scorsi, il raggiungimento di un compromesso che sembra non scontentare nessuno. Lasciate cadere le accuse più pesanti, Sang Lan si è accordata con le compagnie assicurative americane per un risarcimento da 10 milioni di dollari in contanti e il pagamento vita natural durante delle spese mediche.

Sang Lan si dice ora felice per aver fatto valere i suoi diritti. L’avvocato Hai Ming fa sapere di non voler lucrare un soldo dalla vicenda e di aver consigliato all’ex ginnasta di devolvere in beneficienza il suo eventuale compenso.

L’ultimo canestro di Yao Ming

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La Grande Muraglia sta per crollare. Non regge più. È rimasta lì per troppo tempo, a difendere l’orgoglio e il canestro della Cina. Le sue fondamenta sono ormai troppo deboli, incapaci di sostenere un corpo ed una storia troppo pesanti.

Yao Ming smette, appende le sue enormi Reebook al chiodo. Il gigante è stanco, non ce la fa più. I 51 punti di quest’ultima stagione, con soli 5 incontri disputati, per un totale di 90 minuti sul parquet, stridono di fronte ai 1514 del 2008-2009. Troppo grave l’infortunio che gli ha fatto saltare l’intera stagione 2009-2010, troppi gli interventi chirurgici, troppo frequenti gli infortuni da stress. Anche se il ritiro verrà ufficializzato soltanto nel corso di una conferenza stampa fissata per il 20 luglio, il sito dell’NBA dà la cosa per certa. La notizia è quindi presto caduta sugli appassionati cinesi come una doccia freddissima. Succede, quando un atleta non è più soltanto un atleta ma è diventato un simbolo. Succede, quando lo sport si carica sulle spalle le ambizioni di un’intera nazione. E Yao, sbarcato nell’NBA nel 2002, quel peso l’ha portato con massima devozione e fedeltà. Con quell’unico tradimento, consumato nel momento in cui l’atleta originario di Shanghai ha deciso di far nascere sua figlia negli Usa, conquistando per la sua prole il diritto al solo passaporto americano. Mossa digerita a fatica dai cinesi.

Con il ritiro di Yao Ming si chiude anche un’epoca di affari fruttuosissimi legati alla sua immagine. L’uomo che da solo ha portato il basket nel Celeste Impero collezionava sponsorizzazioni miliardarie: Reebook, McDonald’s, Apple, Gatorade, Pepsi, ecc.

Un gigante di 2 metri e 30 che si è saputo procurare in patria anche la fama di gigante della solidarietà, con le cospicue donazioni all’indomani del terremoto del Sichuan e con l’abbandono degli allenamenti dei Rockets, pesantemente sanzionato dalla squadra di Houston, per presenziare alla cerimonia d’apertura delle Special Olympics, i giochi per atleti con disabilità intellettive svoltisi a Shanghai nel 2007.

Le reazioni dei cinesi alla notizia del ritiro di Yao sono molteplici. Si va dalla disperazione inconsolabile al realismo: nessuna era può durare in eterno, nemmeno quella di Yao Ming. I segnali del declino erano evidenti, bastava leggerli. Per qualcun altro – nei commenti sui social network cinesi – è ora il caso di far crescere e sviluppare tutto il mondo della pallacanestro cinese, smettendo di fare affidamento su un unico atleta, seppur immenso.

È rimbalzato fino in Cina anche il simpatico saluto rivolto a Yao attraverso Twitter da un altro mito Nba, Shaquille O’Neal: «Tu sei uno dei più grandi giocatori venuti dalla Cina, uno dei più grandi giocatori della tua epoca. Ora andiamo in vacanza insieme, io e te, fratello…».

Mila e Mao, due cuori nella pallavolo

Un bronzo che bruciava, quello della squadra femminile cinese di pallavolo alle Olimpiadi 2008. Bruciava perché smarrito in mezzo a quel mare di medaglie d’oro conquistate nelle altre discipline. Bruciava perché un gradino più su, prima delle brasiliane vincitrici, c’erano le statunitensi guidate a bordocampo dalla cinese Jenny Lang Ping, l’eroina dell’exploit trionfale di Los Angeles 1984, il “martello di ferro” – così la chiamavano – passato a schiacciare nelle file del nemico.

Le ragazze della pallavolo cinese, però, non si sono lasciate schiacciare dal peso di una sconfitta e ora, a poco più di un anno dall’appuntamento londinese, hanno deciso di giocare la loro carta vincente. Il loro settimo giocatore in campo, nientepopodimeno che Mao Zedong.

Secondo quanto riferito sul suo sito dalla China Volleyball Association le atlete cinesi stanno svolgendo un duro impegnativo percorso di preparazione alle olimpiadi, arricchito e colorato dai versi del Grande Timoniere, mandati a memoria tra un bagher e una battuta al salto.

I versi di Mao – di cui si conoscono le doti natatorie ma di cui si ignorano i pensieri sulla pallavolo – elogiano la strenua resistenza degli eroi dell’Armata Rossa in marcia, capaci di conservare il sorriso di fronte a difficoltà apparentemente insormontabili. Fiumi da attraversare e immense montagne da scalare con i cinesi indomiti che non fanno una piega.

La Lunga Marcia è un breve testo poetico del 1935. Otto versi per raccontare l’epica ritirata lunga 12.000 km e 370 giorni, dal Jiangxi allo Shaanxi.

Per le pallavoliste cinesi Londra val bene un’immersione nella retorica patriottica.

LA LUNGA MARCIA (Ottobre 1935)

L’armata rossa

non teme la difficoltà

della lunga marcia.

Diecimila fiumi

e diecimila montagne,

una cosa da nulla.

I cinque picchi si snodano

come onde leggere.

I monti Wu Meng rotolano

come palle di argilla.

Calde le scogliere

avvolte dalle nubi e bagnate

dal fiume Sabbie d’Oro.

Fredde le catene di ferro

del ponte sul fiume Tatu.

Ancor di più ci rallegrano

le mille cime nevose

dei moniti Min.

Le tre armate li hanno superati

e ogni volto si schiude al sorriso.

Cinesi che fanno le scarpe

Qualcuno l’ha addirittura definito “il più grande vincitore delle Olimpiadi 2008”. Altri hanno storto il naso davanti alle campagne pubblicitarie capaci di saccheggiare contemporaneamente le strategie di marketing dei due principali rivali su scala mondiale: Il logo che ricorda molto da vicino il celebre “baffo” della Nike, soltanto rivolto verso il basso anziché verso l’alto; lo slogan “Anything is possible” che ribaltava le notissime parole d’ordine degli spot Adidas: “Impossible is nothing”. Ora il marchio Li Ning, leader in Cina nel campo dell’abbigliamento sportivo, sta per sbarcare negli Usa. Dopo l’apertura di uno showroom a Portland (Oregon), è giunto il momento del lancio di un cliccatissimo video in cui le calzature made in China si trovano ad affrontare la rigida accoglienza di due doganieri americani, pronti a ricredersi dopo aver testato sul campo di basket, tra un salto e una schiacciata, la qualità del prodotto.

Ex gloria della ginnastica cinese, nell’immaginario collettivo il “tedoforo volante” della cerimonia di apertura della kermesse olimpica di due anni fa, Mr. Li Ning da vent’anni si occupa con successo di affari. La ditta che porta il suo nome è una delle poche a non aver subito contraccolpi tra i marosi della crisi globale. Tutt’altro: nel primo semestre del 2010 il fatturato è cresciuto dell’11%.

Nonostante il successo in patria, per ora soltanto l’1% degli utili della Li Ning proviene dalle esportazioni estere. La musica, però, sembra destinata a cambiare.

In giro per il pianeta, infatti, sempre più protagonisti dello sport indossano indumenti tecnici col marchio Li Ning: squadre di calcio europee (Celta di Vigo, Espanyol di Barcellona, Malaga), rappresentative nazionali di pallacanestro (Argentina, Spagna), stelle dell’altetica leggera (Asafa Powell, Yelena Isinbayeva), addirittura cestisti NBA (Shaquille O’Neal).

Geopolitica ai Giochi Asiatici

Fino ad oggi i Giochi Asiatici 2010 in corso a Guangzhou non hanno avuto una grossa eco mediatica in occidente. Soltanto una colossale doppia papera calcistica (topica del portiere, conclusione imbarazzante dell’attaccante) ha conquistato spazio nei colonnini frivoli dei giornali online e infiniti clic buontemponi su YouTube.

Ora però ci pensa la politica a fare irruzione nella sedicesima edizione dei Giochi, ospitata dalla città di Guangzhou dal 12 al 27 novembre. Lo fa con due storie al femminile che nascono a margine di due focolai di tensione nell’area asiatica. La prima è racchiusa in una fotografia. Due ragazze camminano in fila indiana. Stanno raggiungendo il podio, quello della gara individuale di tiro con l’arco, svoltasi ieri. Davanti c’è Yun Ok-hee, Corea del Sud, medaglia d’oro. Dietro di lei cammina Kwon Un Sil, Corea del Nord, bronzo. Sorridente la prima, scura in volto la seconda che è arrivata terza. Medaglia d’argento – neanche a farlo apposta, nel mezzo – si è piazzata Cheng Ming, cinese.

Più torbida la seconda vicenda al centro delle cronache. La competizione stavolta è un incontro di taekwondo. A sfidarsi ci sono una ragazza di Taiwan (che il regolamento dei Giochi Asiatici accoglie con la denominazione di Taipei cinese), Yang Shu-chun, e un’avversaria vietnamita. La disciplina prevede l’utilizzo di speciali calzature contapunti che vengono controllate prima delle competizioni. Al momento di un secondo e ultimo controllo sul tappeto di gara, l’arbitro fa rimuovere una parte dalle scarpette di Yang Shu-chun, non prevista dal regolamento dei Giochi Asiatici. La gara inizia ed è a senso unico. L’atleta di Taiwan è palesemente superiore e raggiunge un rassicurante punteggio di 9-0. Ha praticamente vinto quando il match viene interrotto e scatta la squalifica. L’arbitro dichiara vincitrice la ragazza vietnamita, anch’essa visibilmente sorpresa.

Facili le dietrologie subito brandite dalla squadra isolana. Yang Shu-chun  sarebbe stata fatta fuori per sgomberare la strada a Wu Jingyu, la cinese già medaglia d’oro a Pechino. Un complotto, insomma, ordito ai danni dell’atleta più forte. Tesi difficile da dimostrare, tuttavia, considerando la composizione mista della giuria (con un unico membro cinese) e soprattutto alla luce di un medagliere che vede già da giorni la Cina come la dominatrice incontrastata (173 ori contro i 71 della Corea del Sud e i 36 del Giappone).

Le polemiche misurano la febbre ai rapporti tra Cina e Taiwan, che rimangono tesi. Sull’isola, il partito progressista, da tempo fautore di una politica anticinese, getta benzina sul fuoco, i nazionalisti al potere – sostenitori del disgelo – provano invece a spegnerlo. Si sarebbe trattato di un’ingiustizia, ma di un’ingiustizia sportiva.

Al suo ritorno in patria, l’accoglienza per Yang Shu-chun è stata trionfale. In centinaia hanno inneggiato al suo nome sventolando la bandiera di Taiwan, gridando allo scandalo. Lei si dice distrutta, ma all’aeroporto tutta quella festa riesce a strapparle un sorriso.

L’immagine che rimarrà impressa, però, è quella del suo pianto desolato sul tappeto di gara, mentre la vincitrice, l’arbitro e i giudici se ne vanno. Sconfitta dopo aver messo a segno 9 colpi e non averne subito alcuno.

La solita Next Media Animation – taiwanese – ha già ricostruito la vicenda con un video in 3D.