Chi fa mobilità sociale oggi? I cinesi

girl binoculars-background copyLa decima edizione del Festival dell’Economia di Trento si occupa del tema della mobilità sociale. Come sempre, il parterre degli ospiti è di altissimo prestigio: Stiglitz, Krugman, Piketty, Wolf sono solo alcuni dei personaggi di primissimo ordine che hanno animato discussioni e dibattiti. 
Finora più che di “mobilità sociale” in senso stretto si è parlato molto di “diseguaglianza”. 
Lo si è fatto affrontando quasi esclusivamente le dinamiche di cambiamento all’interno della società occidentale, in particolare quella europea e quella americana. E’ evidente che l’utopia del “sogno americano” rimane un punto di riferimento per tutti noi, ma chi si occupa di Oriente, e in particolare di Cina, non può fare a meno di notare la scarsa presenza del Celeste Impero nei dibattiti di questi giorni. 
La Cina, infatti, è uno dei paesi che ha contribuito di più negli ultimi 30 anni alla riduzione della diseguaglianza globale (ne ha parlato Daniel Rodrik nella sua interessante relazione). Le politiche economiche di riforme e apertura attuate dal visionario Deng Xiaoping hanno permesso il passaggio della Repubblica Popolare Cinese dallo status di paese del terzo mondo a seconda economia mondiale in soli trent’anni. I dati della Banca Mondiale ci dicono che in questo lasso di tempo sono usciti dalla povertà ben 500 milioni di persone. Anche l’attuale tentativo della leadership cinese di trasformare il paese da fabbrica del mondo in società dei servizi fa parte di un’evoluzione che ci riguarda tutti. 
Continuiamo a dire poco che anche gli straordinari processi cinesi sono elementi di mobilità sociale. 
Continuiamo a essere, comprensibilmente, occidentalocentrici e a preferire la storia di Steve Jobs a quella di Jack Ma, ma forse non guasterebbe ogni tanto un’occhiata verso oriente.

Sabato pratese, sabato cinese.

danville-hap-magee-ranch-baby-girl-photographyRitrovarsi improvvisamente dentro una vita passata che credevi di aver lasciato andare per sempre.
Ascoltare e parlare per dodici ore cinese dopo tre anni e mezzo che non ti succedeva.
Passeggiare in una città italiana che sembra più cinese di Pechino.
Capire perché si è tornati a casa, ma sentire forte la nostalgia di essere ponte, di avere un piede qui e un piede lì, di sapere almeno un po’ cosa pensano gli uni e gli altri.
Vedere una mostra bellissima (http://www.facewallprato.it/) che vuole raccontare proprio quello: la bellezza della differenza che ci completa.

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